SOCIALE
(Antonio Bria)

Ci occuperemo qui di sociale inteso come elemento di sviluppo e coesione della Comunità. Tratteremo temi quali la Responsabilità Sociale (dell’Impresa, della Collettività), l’Innovazione Sociale, la Costruzione di Reti Sociali, Progetti di Comunità Accogliente e Comunità Educativa. Ci guiderà quindi lo spirito della soluzione dei problemi, il pragmatismo, e non quello della lamentazione fine a sé stessa. Chiederemo a tutti di collaborare, e quelli che lo vorranno fare, saranno bene accolti.

Punto d’incontro villapiana
Per la cura della Comunità
www.villapiana.tv
Cos’è www.villapiana.tv?
E' la Cornice di un quadro da comporre. E' una Rivista che diventa Libro, che contiene tutto ciò che di positivo accade a Villapiana. E' un Ipertesto dinamico, testo che si ampia in tutte le direzioni (tematiche), che utilizza tutti gli strumenti a disposizione, compresi quelli tecnologici e del social-media (Realtà aumentata), e che è aperto alla collaborazione di ognuno (Libro aumentato). Può - con un certo grado di ambizione - diventare l'Enciclopedia dei villapianesi (o Wikipedia Villapiana).
Ma può essere anche un Luogo fisico, Punto di Incontro Villapiana della Cultura consolidata e di sviluppo, in una transizione positiva.
Proposta – mission: punto d’incontro villapiana
Il progetto ha l’obiettivo di mettere in relazione di scambio le diverse realtà presenti sul territorio, agendo sulla promozione culturale in maniera strutturata ed attraverso l’utilizzo di un luogo (o più luoghi) dove lo scambio e la crescita possano essere agite in maniera positiva.
Per fare Cosa:

Enzo Favale, Una Storia da
dimenticare.
Quando un’opera letteraria lascia
il cassetto del suo autore (del suo genitore), va nel mondo ed in maniera
autonoma – aldilà delle intenzioni di chi l’ha generata – acquisisce nuove
interpretazioni, e addirittura ne genera alcune alle quali l’autore non aveva
neanche minimamente pensato. Credo che Una storia da dimenticare di Enzo
Favale generi innanzi tutto forti emozioni, per uomini e donne legate
fortemente alla terra ed alla terra delle origini, una terra che è madre.
Una terra dove si ha un inizio,
un matrimonio e dei figli che preludono ad un futuro di prosperità; ma tutto
entra in crisi, ed il Paradiso in terra diventa un incubo, e l’incubo diventa
realtà.

Una realtà che Enzo Favale
alimenta con la ricerca storica e la narrazione della tradizione, della
tradizione familiare. C’è un nuovo Stato che si impone (o cerca di imporsi) e
un vecchio Stato che si dissolve, forse perché in dissoluzione prima
dell’arrivo dei rivoluzionari (garibaldini) e dei restauratori (i piemontesi).
L’iscrizione al nuovo ordine non convince Domenico – il personaggio principale
– ormai ex cacciatore di Calabria dell’esercito borbonico, ma il buon retiro
gli viene terremotato dal rapimento dei figli più piccoli, il giorno di festa,
il giorno della fiera di San Vito; chi ha rapito i piccoli e perché?
Si intrecciano qui miti oscuri e
leggende, e storia: fatti e misfatti di eserciti occupanti. Il mito del
rapimento dei piccoli è uno dei più inquietanti, anche ai giorni nostri. C’è il
romanzo di formazione, dei due fratelli che partono per un viaggio che è
appunto di formazione, fatto di incontri di cruda realtà e assieme favolistici.
E c’è la guerra, con la sua brutalità, così come viene descritta in una delle
pagine finali del romanzo:
“Sapete anche cos’è successo a
quei poveracci che sono finiti sottoterra. La terra è fresca e sembra che siano
stati seppelliti da poco”, continuò Pietro che non si rassegnava a
quell’ostinato mutismo. […] “Sono stati quei maledetti piemontesi, vero?” […] “Ti
sbagli … è stata gente di questa terra”, Leonardo anticipò Antonio bramoso di
rispondere, “ma in fondo che importanza ha se sono stati soldati o i banditi?
Che differenza c’è nella mano di chi li ha uccisi? Sono morti e nessuno li
potrà riportare in vita. Erano una famiglia. Una famiglia come la nostra. Un
padre e una madre scannati davanti agli occhi della propria figlia. Tutte
vittime della guerra, dell’incomprensione e dell’odio. Cosa cambia se l’ordine
di ammazzare è partito da un ufficiale piemontese o dal capo dei briganti? Si
tratta pur sempre di uomini. Uomini senza pietà, senza giustizia.”
Finale, quindi, attualissimo ma
anche melanconico; non è infatti un lieto fine, anche se di riconciliazione. Consiglio
la lettura, ad un pubblico attento a tematiche storico-sociali. A persone alle
quali piace perdersi nelle trame della narrazione, un po’ come i due fratelli
nei boschi del Pollino.
Antonio Bria
Immagini dal web
Due Fotografie commentate da ab